martedì 3 gennaio 2017

Il contributo del CIVES alle popolazioni colpite dal terremoto

Francesco Pastorelli
Tesoriere CIVES Perugia


Il CIVES - Coordinamento Infermieri Volontari Emergenza Sanitaria – è nato per rendere l’infermiere ancora più presente nelle situazioni di assoluto bisogno.

L’Infermieristica di Protezione Civile è una materia del tutto nuova nell’ambito assistenziale per questo abbiamo deciso di raccontare la nostra esperienza nell'assistere le popolazioni colpite dal recente sisma.

Eravamo in pre-allerta dal 24 agosto, pronti ad intervenire, con la consapevolezza che la faglia interessata avrebbe potuto innescare una serie di altri eventi sismici tali da colpire altre zone umbre. 


E infatti il 26 ottobre la terra trema di nuovo, il tempo rallenta per una manciata di secondi. È ormai sera, ma non tardi, non è notte piena, e le persone hanno fatto in tempo a lasciare le loro case, mettendosi in salvo da eventuali crolli. E-mail attivazione arrivata.

È mezzanotte inoltrata ma questo non blocca il meccanismo di allerta dei Soci e poche ore dopo già in auto con in dosso la divisa e il parabrezza in direzione Norcia. Lo stato d’animo di quei momenti non è descrivibile, c’è solo concentrazione, interrotta dal panorama che cambia, strade ferite da lunghe fenditure, pareti rocciose che hanno perso parte di esse, lasciandosi sfuggire parte della propria massa lungo pendii “Like A Rolling Stone”, come cantava Bob Dylan. Ecco Norcia. Davanti agli occhi si svela una cittadina ferita, ma più delle fredde pietre delle pareti, a colpire sono le persone che hanno subito tutto questo.



Un attimo di smarrimento poi di nuovo la concentrazione.

Siamo Infermieri, iniziamo a svolgere il nostro lavoro come sappiamo fare, prendendo visione dei bisogni assistenziale della popolazione, dei presidi e farmaci a nostra disposizione e di tutti i sistemi ausiliari che possono aiutarci a svolgere al meglio la nostra attività.

Per meglio comprendere come si svolge il nostro intervento nei territori colpiti dal terremoto, abbiamo identificato tre macro-aree, consequenziali tra loro ma per certi aspetti e in certi momenti anche sovrapponibili.


1 - Fase emergenziale primaria

Sono le prime ore dopo la prima scossa. L’attività di soccorso è svolta dalle unità multidisciplinari in turno. Si soccorrono tutte le persone facilmente raggiungibili, allontanandole dalle zone pericolose verso aree sicure predeterminate. Inizia l’attivazione di ulteriori unità.


2 - Fase emergenziale di ricerca e soccorso


I contorni di questa fase sono sfumati, poiché si sovrappone alla Fase 1 in quanto si inizia a cercare eventuali dispersi, a soccorrere eventuali persone
intrappolate o incarcerate tra le macerie. In questa fase sono presenti le unità di ricerca e soccorso: le Unità U.S.A.R. (dall’acronimo Urban Search And Rescue).


3 - Fase emergenziale di assistenza alla popolazione
L’emergenza sembra finita, tutte le persone sono in salvo, ma non è così. Le patologie croniche restano, mentre le patologie acute o “acuto su cronico” possono sempre colpire. Questa fase dell’emergenza è in assoluto la più lunga ed altrettanto impegnativa quanto le altre due fasi.

E così la difficoltà o il ritardo nell'approvvigionamento dei medicinali diventa un problema non sempre facile da risolvere, un controllo di routine diventa un controllo eccezionale, la soddisfazione dei bisogni di base si trasforma in una sfida continua.

Prestare assistenza e prendersi cura delle persone ferite nel corpo e nell'anima è difficile. Non riusciamo a trovare un altro aggettivo in grado di esprimere le difficoltà che si incontrano quando si opera in un contesto così precario.


Le emozioni rischiano di prevaricare la ragione, il freddo ti gela le mani, la mancanza di risorse facilmente accessibili disorienta. La stanchezza sfianca. Il desiderio di fare però resta.

Perché ascoltare, accogliere, consolare, rassicurare le persone in difficoltà non è solo un valore aggiunto alla nostra attività, ma è l’essenza stessa della nostra presenza in questi territori feriti. Perché curare le ferite del corpo è molto semplice, mentre per quelle dell’anima ci vuole molto tempo e le cicatrici restano, in chi è assistito e in chi assiste.

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